A volte la vita di un uomo può raccontare la storia di un’intera epoca. Così deve aver pensato Deborah de Giglio, appassionata e professionale “narrativa”, quando ha conosciuto Vincent Bascucci quando si è appena stabilita a Nanterre.
Figlio di italiani emigrati dalle Marche dopo la prima guerra mondiale, Bascucci, la cui biografia esemplare è raccontata in questo bel libro, è stato un simbolo della militanza comunista e dell’impegno sociale, un mirabile esempio di come la riuscita integrazione di entrambi possa portare bene le cose. A chi è il benvenuto e, soprattutto, a chi accoglie.
Non che gli sforzi pubblici dell’epoca in Francia come altrove mirassero ad accoglierli; Gli italiani, invece, erano considerati lavoratori a basso costo e laboriosi, e lo sono ancora oggi per coloro che li hanno sostituiti in fondo alla scala sociale. Questa accoglienza è stata il risultato della generosità individuale e dell’impegno personale: un insegnante di scuola socialista, un uomo d’affari illuminato, una grande famiglia di attivismo politico.
La grande differenza tra quel periodo e oggi sta nel deciso declino delle grandi ideologie e della coscienza politica di massa. La chiave per una possibile integrazione potrebbe essere legata all’idea di internazionalismo, che ha permesso di immaginare una fratellanza al di là delle diverse origini geografiche.
Oggi questa fraternità è stata accolta e restituita da Vincenzo Bascucci ai suoi concittadini, ora relegati tra i più nobili ma emarginati della struttura sociale. In questi giorni le masse pensano principalmente a se stesse, e non certo ai fratelli lontani.
In Ciao Vincent, un’autobiografia in forma di graphic novel, ci viene detto che il figlio di un immigrato riuscì a diventare più francese dei francesi per necessità (non per scelta, come noi italiani oggi) combattendo la resistenza tedesca. Industria, duro lavoro e adesione al sindacato, impegno politico e sociale a favore dei giovani come amministratore della città in cui ha vissuto (lo stadio Nanterre porta il suo nome).
Ma la forza del libro non sta solo nell’efficace rivisitazione della storia di un secolo, ma anche nel livello emotivo del commovente rapporto tra l’autore e Pascuzzi, che, nell’autunno della sua esistenza, vuole riconquistare le posizioni . E regala i suoi ricordi al giovane interlocutore perché possa testimoniare alle nuove generazioni.
Una testimonianza che ci viene inviata con affettuosa ammirazione nelle pagine di “Ciao Vincent”.
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