È la pozione che fa il veleno. Così è con la plastica, questa sostanza chimica è così pratica che ha invaso le nostre vite. Solido, economico e incredibilmente utile, ha messo il passo con il progresso del secolo scorso fino a diventare quasi indispensabile, proprio come il cemento e l’acciaio. Solo allora, fatta di idrocarburi, questa “meravigliosa” sostanza sfugge a ogni controllo. Ogni anno ne vengono prodotte più di 350 milioni di tonnellate (immaginate 350 milioni di automobili per farvi un’idea) e le previsioni evocano il triplo, se non si interviene, nel 2060. Insomma, siamo collettivamente dipendenti dalla plastica tutto sapendo che è mal riciclata e che spesso finisce nella spazzatura. E dalla spazzatura alla natura il passo è solo uno: in India montagne di rifiuti sono spuntate come funghi, mentre negli oceani un continente di sacchi traslucidi va alla deriva con le correnti.
Il nostro migliore amico, questo compagno di shopping e un’enorme quantità di attività quotidiane sono diventati, con il tempo e la crescita, i nostri peggiori nemici. E’ l’osservazione dei 175 Paesi riuniti a Parigi sotto l’egida dell’UNESCO. Oh, non la domanda (ancora?) sull’invocare la negazione di questo articolo multiuso. In mancanza di un’alternativa affidabile, la plastica non può scomparire in un batter d’occhio. No, quello che è e rimarrà al centro delle discussioni consiste in una radicale riduzione dell’uso di questo falso amico. Perché sarebbe delirante pensare che la plastica non sia altro che un fastidio visivo e una sostanza letale per le specie marine. I bipedi di cui siamo affetti sono anch’essi affetti dalle loro iniquità. Chi vuole mangiare l’equivalente di una carta di credito a settimana? Tuttavia, questo sembra essere il caso. Di fronte all’overdose di plastica che minaccia la natura, il clima e le nostre vite, è tempo di riflettere su questa dipendenza che ci sta soffocando a poco a poco. A poco a poco, per secoli.
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