Il quinto paese per gli italiani è la Francia: vi vivono circa 460.000 persone. Un libro e un resoconto raccontano i loro viaggi.
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Si chiamano Luca Di Meo, patron della Renault; Carla Bruni, Monica Bellucci o Vittoria Colissa, l’epidemiologa, sono quelle che sentiamo di più in Francia durante il Covid. Il giornalista Dario Maltese racconta la loro storia in un libro, Italiani.
Un’espressione italiana dice che i francesi hanno “L’odore sotto il naso” : Sembra che si respiri sempre intorno a sé un fetore, un’aria leggermente elevata. Ma questa apparente arroganza, secondo Dario Maltese, è incompatibile con qualsiasi senso di superiorità francese: “Non lasciatevi scoraggiare dall’aspetto un po’ altezzoso dei francesi. Lui consiglia. Noi italiani dobbiamo liberarci del nostro complesso di inferiorità nei confronti dei francesi. Ciò non è giustificato in alcun modo.”
“Ogni volta che vado in Francia, sento parole che danno molta importanza all’Italia. Tutte le lingue italiane sono molto popolari in Francia.”
Dario MalteseSu franceinfo
Tra queste personalità figura lo scrittore Grand Prix de l’Académie française, Giuliano da Empoli, il quale afferma che se si parla la lingua, il criterio più importante in Francia, le porte si spalancheranno. Spesso viene fuori un commento: la capacità dei francesi di creare organizzazione, di unire i talenti, di metterli in risalto, di evidenziare i loro punti di forza.
Molti giovani laureati lasciano l’Italia
Queste storie fanno eco al rapporto recentemente pubblicato dalla Fondazione Migrantes sull’immigrazione italiana, che dipinge un’immagine speculare dell’Italia come paese di migranti. In meno di vent’anni il numero degli italiani residenti all’estero è passato da tre a sei milioni. L’immigrazione recente è diversa da quella del XX secolo: si tratta di persone giuste, persino altamente istruite. Quasi la metà di coloro che se ne sono andati lo scorso anno avevano un’età compresa tra 18 e 34 anni, e le prime due partenze provenivano dalle regioni più ricche della Lombardia e del Veneto, dove sono disponibili posti di lavoro.
Se i giovani italiani se ne vanno non è necessariamente alla ricerca di un lavoro, o magari di uno stipendio migliore, ma soprattutto perché hanno l’impressione che nel loro Paese l’ascensore sociale sia bloccato. In poche parole, è difficile fare impresa in Italia perché le imprese e le aziende sono in mano agli anziani.
Al di là del talento, una delle maggiori debolezze dell’Italia è la sua popolazione. Il numero degli abitanti diminuisce. E questi giovani che partono hanno figli, ma all’estero. Non è sbagliato che il governo italiano guardi al libro di Dario Maltese e a questo rapporto.
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