Giovedì nero per Joe Biden, che ha visto la Corte Suprema bloccare un impegno sui vaccini che intendeva imporre alle imprese, mentre la radicale riforma elettorale che sostiene minaccia di distruggere il Congresso degli Stati Uniti.
È un presidente degli Stati Uniti visibilmente nervoso che ha raccontato alla stampa giovedì di un incontro molto raro a Capitol Hill con senatori democratici, che dovrebbe unirli attorno a una nuova legge che protegge l’accesso degli afroamericani al voto.
“Spero che ci arriviamo, ma non ne sono sicuro”, ha ammesso a questo progetto cruciale della sua presidenza e a questa promessa che ha fatto agli elettori afroamericani, che per lo più lo hanno sostenuto.
Pochi istanti dopo, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha inferto un altro duro colpo a Joe Biden, pronunciando l’illegittimità della sua decisione di imporre un vaccino anti-Covid alle aziende con più di 100 dipendenti.
Il provvedimento, caro a Joe Biden, è stato denunciato come abuso di potere da funzionari repubblicani eletti. In un Paese in cui solo il 62% della popolazione è completamente vaccinato, la questione espone profonde divisioni politiche.
La Cassazione, invece, ha stabilito l’obbligo di vaccinazione per i dipendenti delle strutture sanitarie che beneficiano di fondi federali.
Promesse troppo grandi?
Il susseguirsi di cattive notizie sta erodendo il merito politico di un presidente già impopolare che potrebbe aver fatto troppe promesse, con una maggioranza parlamentare molto debole.
Così Joe Biden ha promesso di proteggere l’accesso delle minoranze alle urne e la trasparenza dei processi di voto, di fronte alle numerose riforme intraprese dagli stati conservatori, in particolare nel sud del Paese.
Le ONG assicurano che queste misure repubblicane discriminino in modo specifico gli afroamericani, che hanno votato in modo schiacciante per Joe Biden nelle ultime elezioni.
Per ostacolare, il presidente democratico vuole armonizzare le pratiche di voto e dare allo Stato federale il controllo delle iniziative locali.
Tuttavia, è bastata una sola senatrice democratica, Kirsten Senema, per ridurre a nulla o quasi tutte le speranze di far passare questa grande riforma, presentata come l’erede delle grandi battaglie per i diritti civili degli anni ’60.
L’eletto, un democratico centrista, non è contrario alla legislazione stessa. Ma si oppone all’azione parlamentare prevista per rompere la barriera dell’opposizione repubblicana.
In teoria, l’approvazione della riforma al Senato richiederebbe una maggioranza maggiore di 60 voti, per consuetudine che dovrebbe incoraggiare la moderazione e il dialogo attraverso le linee di partito. Il che ostacola enormemente l’opposizione.
Incapaci di persuadere i senatori repubblicani, che sono fermamente contrari al progetto, i democratici hanno solo una soluzione per salvare la loro riforma elettorale: rompere questa pratica parlamentare e passare il potere a una maggioranza semplice.
“Spirale infernale”
Kirsten Senema non vuole un corridoio sul posto che alimenterà solo una “spirale infernale di divisioni”, ha calcolato in un discorso molto solenne al pulpito del Senato.
Senza il suo voto, al Senato dove il campo democratico ha 50 voti più il vicepresidente Kamala Harris e i repubblicani 50, la riforma è condannata.
Questo giovedì nero ricorda duramente a Joe Biden che ha pochissimo margine di manovra.
Deve fare i conti con un Congresso che non controlla davvero, stati conservatori in aperta ribellione su molteplici argomenti (aborto, diritto di voto, strategia sanitaria…), e la Corte Suprema è ora molto conservatrice, a seguito delle nomine fatte da Donald Briscola.
Già a dicembre ha dovuto seppellire una riforma sociale molto ambiziosa a causa dell’unico senatore democratico, Joe Manchin, un altro centrista.
Entro pochi mesi Joe Biden rischia di perdere la maggioranza al Congresso alle elezioni legislative di medio termine. Rimarrà infatti paralizzato fino alle prossime elezioni presidenziali.
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