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La Cina è stata derisa dal G7

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La Cina è stata derisa dal G7

Il vertice annuale del Gruppo delle sette principali nazioni industrializzate è tradizionalmente grande quanto, se non di più, un incontro di lavoro. Quella che si è conclusa domenica a Hiroshima non solo ha violato la regola, ma è stata anche eccezionalmente ricca di simboli. La sola presenza di Volodymyr Zelensky (la cui partecipazione era inizialmente prevista in videoconferenza) ha dato una dimensione inaspettata a questo incontro ambientato all’insegna della guerra in Ucraina, che ha citato anche la bomba atomica. Il mondo con un’apocalisse nucleare.

Ma oltre allo shock delle immagini c’è anche il peso delle parole, una formula che assume tutto il suo significato alla luce delle ben confezionate quaranta pagine del comunicato finale. Dopo lunghi sviluppi dedicati al commercio, all’istruzione, alla salute, al clima, all’ambiente, all’economia digitale o al disarmo, ci sono alcuni paragrafi, nel paragrafo 51, che suscitano molto scalpore e fanno infuriare la Cina. È vero, prende il suo posto, come raramente prima.

pur protestando il loro desiderio di preservare “Relazioni stabili e costruttiveCon Pechino, che nega di volerle danneggiare o rallentare il suo sviluppo, le sette nazioni più industrializzate del pianeta catalogano le loro lamentele e preoccupazioni senza trascurare nulla: nessuna violazione delle regole del libero scambio, nessuno spionaggio industriale, nessuna “coercizione economica”, nessuna diritti umani dallo Xinjiang a Hong Kong, né minacce contro Taiwan, né espansionismo nei mari cinesi orientali e meridionali, né intimidazioni dei residenti cinesi all’estero, né, ovviamente, sostegno all’invasione russa dell’Ucraina.

Unita alla dichiarata volontà di ridurre la dipendenza diventata cruciale nei confronti dell’economia cinese, questa manifestazione di lucidità, seppur tardiva, non può che essere accolta con favore. A patto che il peso delle parole segua presto la forza delle azioni. e che il perseguimento egoistico degli interessi nazionali da parte dei membri del G-7 non rovini l’unità mostrata dalle principali democrazie.

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