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La musica corale italiana fa parte del patrimonio UNESCO

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La musica corale italiana fa parte del patrimonio UNESCO

Mercoledì l’UNESCO ha aggiunto la lirica italiana al suo patrimonio immateriale, una decisione salutata da Roma come simbolo di “eccellenza universale”.

Da Scarlatti passando per Monteverdi fino a Verdi, le grandi arie d’opera italiane vengono cantate in tutto il mondo, abbellite da interpretazioni leggendarie come quella del tenore Luciano Pavarotti.

“Trasmessa oralmente tra un maestro e uno studente, questa pratica promuove l’integrazione collettiva e la memoria socioculturale. È un mezzo di libera espressione e dialogo intergenerazionale il cui valore culturale è riconosciuto a livello nazionale e internazionale”, ritiene l’UNESCO.

L’istituto definisce l’arte come “una tecnica di canto sotto controllo fisiologico che intensifica la potenza vocale in spazi acustici come auditorium, arene e chiese”.

“Dopo un lungo e minuzioso lavoro (…) questa è la consacrazione ufficiale di ciò che già sappiamo: il canto lirico è un (marchio) di eccellenza mondiale che ci rappresenta bene attraverso il pianeta”, ha esultato il ministro della Cultura. Genaro Sangiuliano in un comunicato.

“L’opera è nata in Italia”, ha ricordato l’AFP nel maggio 2022, il francese Stephane Lissner, direttore del Teatro San Carlo di Napoli, inaugurato nel 1737 ed è il teatro d’opera più antico del mondo.

Ma perché l’opera italiana è più legittimamente inclusa nel patrimonio immateriale dell’umanità rispetto alle sue controparti francesi o tedesche? Il signor che diresse la famosa Scala di Milano. Per Lisner, “Questo stile di canto all’italiana evoca senza dubbio la più grande emozione tra gli amanti dell’opera, che lo ammettiamo o no”.

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Il Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, riunito da lunedì in Botswana, dovrà verificare l’iscrizione di 55 nuovi elementi presentati dal punto di vista delle tradizioni sociali, tra cui il ceviche, il perizoma e la pittura del risciò.

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