Esclusivo
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Nel 1984, già famoso e impegnato nell’ambientalismo, l’astrofisico, morto il 13 ottobre, intervistò lo scrittore e medico del Quebec Alain Vadeboncourt sul posto dell’uomo nell’evoluzione del mondo. Quaranta anni dopo, le sue convinzioni e il suo talento di narratore non sono ancora maturati.
Nel 1984, Hubert Reeves (1932-2023) rilasciò un’intervista inedita al giovane studente di medicina. È stato ritrovato solo pochi mesi fa e rileggerlo mi ha ispirato lo stesso senso di significato che ho sentito nello scambio in quel momento. Le sue riflessioni di allora, che scavano in profondità nelle radici del passato, aprono la porta a questioni ancora presenti.
Succede anche che molto più tardi, nel 2018, ho ricevuto un premio che porta il nome del famoso astrofisico per un famoso lavoro medico. Forse non era un caso, perché questo “cosmologo”, come lo chiamavo nel nostro giornalino studentesco universitario, rappresentava già per me, in tutte le sue sfumature, un modello di promotore scientifico, che poi è rimasto una delle figure più carismatiche degli ultimi tempi. decenni. Nonostante avesse già raggiunto un vasto pubblico, e il suo inesauribile rigore, più volte apprezzato nelle sue conferenze e nei suoi scritti vari, si unisse infatti a innegabili doti di narratore, la sua fama non cessò mai di crescere.
Dopo aver aperto a molti i misteri e la bellezza dell’universo, raccontando le connessioni tra il big bang, la nascita delle stelle, gli elementi che compongono la nostra Terra, e poi la vita, ha, nel tempo, inventato mille modi per condividere la tua meraviglia per la sorprendente sequenza di eventi che portarono all’emergere della vita cosciente. Con il suo spirito libero e curioso non si è mai trattenuto dal citarlo
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