Un venerdì, qualche settimana fa, all’aeroporto Mohammed V di Casablanca. In attesa del mio volo, sorseggio un succo d’arancia fuori controllo in un piccolo caffè della zona internazionale. Il posto è pulito e tranquillo. Accanto a me, un ragazzo e una ragazza chiacchieravano in italiano, guardando un bambino nella sua scatola. Amo e ascolto sempre i suoni della lingua dantesca. Raccolgo una parola qua e là. Entrambi i ragazzi parlano della scuola che riprenderà presto, mi sembra.
Tornano i genitori che sono andati a mangiare succo, caffè, croissant. Parleranno sempre ai bambini nella lingua cantata di Berlusconi. Poi iniziano a parlare a bassa voce… nella nostra bella Tarija, con l’accento di Olad Abdun – lo conosco, ho lavorato in una miniera di fosfati per molti anni.
Così è la coppia marocchina che vive in Italia. Infatti si tramandano facilmente ai siciliani o ai napoletani. Quanto ai loro figli, cosa sono?
Domanda seria, piena di pericoli. Se guardi come si parlano, è chiaro che in seguito svilupperanno gli italiani giusti. La nostalgia per il paese dei genitori può essere ossessionata da certi odori e certi gusti.
Ma come si vedono da adulti?
Per me, la questione è stata risolta durante la partita di calcio del 28 aprile 1999 tra Marocco e Olanda ad Arnhem. Ho deciso di essere neutrale senza prendere partigianerie tra il mio paese e il paese che ho adottato. Poi basta una frase… Appena entra in campo, un olandese, Van Vossen (ben dimenticato), viene avvicinato da un giornalista e gli chiede un pronostico:
“Oh… diciamo 9-0”, ha risposto Van Vossen. Per noi, ovviamente.
Così arrogante… questa piccola frase nascondeva profondo disprezzo e grossolana ignoranza. Da quel momento in poi, sono stato violento e ovviamente marocchino. Era come un vaccino. Dobbiamo integrarci, non possiamo integrarci.
(Per inciso, la partita è stata vinta 2-1 dal Marocco, con gol di Chippo e Basir, in entrambe le occasioni su passaggio superbo di Mustafa Haji, contro un solo gol di Van Nistelrooy. Dopo la partita, Van Vossen?)
Ci auguriamo che i nostri amici italiani non commettano lo stesso errore e che non insultino il Paese dei genitori e degli antenati dei loro nuovi compagni. In questo caso, non vorrebbero nemmeno essere uno di loro a metà strada. Sarebbe un peccato, perché alla fine le etichette liquide possono essere fortunate. Accettano la diversità del mondo e possono promuovere la convivenza pacifica.
Ma deve venire da entrambe le parti. Un’opinione arrogante, detta a metà dall’ignoranza, distruggerà tutto.
Smettila di fare lo scemo. C’è pace tra gli esseri umani…