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Ci siamo chiesti cosa ci facesse l’Italia in Tunisia. Questo caso è importante perché l’Italia è il 2° partner economico della Tunisia. Francia) Quindi abbiamo cercato un po’ e siamo tornati agli importanti progetti avviati dall’Italia in Tunisia negli ultimi anni. Ci è stato ricordato che il Gruppo ENI, uno dei leader europei degli idrocarburi, in Tunisia funzionava con le energie rinnovabili (se ne erano dimenticati tutti, anche le autorità tunisine, era grave!). Dopotutto, quello era l’obiettivo iniziale del colosso italiano. E questi investimenti?
Nell’ultimo messaggio, devo dire A luglio 2021 si parlava di grossi ostacoli nel cammino degli investitori italiani. Quest’ultimo si è lamentato con l’amministratore delegato della società mista (67% per Eni, 33% per ETAP) che aveva intenzione di mettere i bastoni sulle ruote. Il partner italiano aveva stilato una lunga lista di critici come Guy. Dire che tutto questo è stato spazzato via dagli imprenditori italiani è dire che questo mega progetto non è andato avanti nemmeno di una goccia…
Già nel giugno dello stesso anno, I leader del gruppo petrolifero italiano sono andati alla Kasbah e si sono lamentati con Hichem Messichi. Gli italiani hanno diffuso le loro disgrazie davanti all’ex capo del governo tunisino. Quest’ultimo ha preso nota, ha fatto i voti, ha parlato, ha fatto l’effetto manica… poi cosa ha fatto? Niente. Un anno in Kasba è stato sufficiente per risolvere questo problema. Inoltre, di che problema stiamo parlando?
Data dall’ordine del file Yusuf Sahat. L’ex capo del governo, con la forza della persuasione, ha dettato l’era dei grandi investimenti nelle energie rinnovabili. È in questa veste che ENI, con la sua vasta conoscenza nel settore, si è rivolta all’ETAP, nel sud del Paese, a Tataouine, per avviare progetti in questa direzione.
All’inizio andava tutto bene. Le cose sono diventate tristi quando questo è stato prodotto e portato sul mercato. L’onnipotente sindacato di STEG ha posto un freno a qualsiasi atto di acquisto da un produttore italiano, considerandolo una minaccia diretta e una violazione della sua sicurezza personale. E nessuno potrebbe rompere il lucchetto di questo file. Si può dire che nessuno ha osato andare contro la volontà dei sindacalisti. Lo siamo, ahimè.
Il nuovo amministratore tunisino, stavolta trascinando il diavolo per la coda e bussando a tutte le porte in cerca di soldi, deve cominciare a bloccare questo enorme fascicolo. E poi dopo tutto il resto. Insomma, tutti i progetti in sospeso saranno una ventata di aria fresca per i fondi pubblici e risolveranno parte del problema della disoccupazione. In questo file e altro, attendiamo con impazienza la richiesta e la perseveranza del Presidente, ragazzi Syed.
Il progetto solare tunisino (PST) è stato in prima pagina per molti anni. Ma nulla di deciso è stato messo sul tavolo per muoversi in questa direzione. Danni causati dalle emissioni di CO2 sono stati segnalati in Tunisia e altrove durante le emergenze. Qui e altrove, l’energia rinnovabile è la nostra unica ancora di salvezza e il Vertice mondiale sul clima – COP26 – lo ha ampiamente sottolineato. Quando ne parlerà seriamente la Tunisia?
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