Reportage
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Mentre le Nazioni Unite, combattute tra cooperazione e integrità di fronte al regime talebano estremista e misogino, la scorsa settimana hanno riunito i loro partner a Doha per discutere della crisi del paese, i fondamentalisti continuano a strappare le loro ultime libertà alle donne afghane.
In Afghanistan, dove molto è cambiato da quando i talebani sono tornati al potere il 15 agosto 2021, il distretto di An-Narkh mostra una coerenza quasi inquietante con gli anni precedenti la caduta del regime. Le stesse sagome ornate di kalashnikov fiancheggiano le cime marroni delle colline, gli stessi cimiteri con bandiere bianche, la stessa completa assenza di donne nelle città. Sepolta nel cuore della provincia centrale di Wardak, l’area è stata una roccaforte talebana per più di sette anni, anche negli anni più violenti della guerra.
Il suo isolamento è costato caro ai suoi 50.000 abitanti: qui non c’è una scuola pubblica per le ragazze, e pochissima acqua corrente ed elettricità. Clinica sanitaria crollata. Le centinaia di miliardi di dollari di aiuti internazionali dispiegati in Afghanistan dal 2001 al 2021 non sono passati da questa regione, anche se si trova a due passi da Kabul, una vicinanza che tuttavia la rende permeabile alla modernità urbana.
Quando nel 2016 l’ex combattente talebano Mohammed Saeed ha aperto una scuola comunitaria per ragazze nella sua capanna di adobe, nessuno lo ha fermato. Per anni ha riunito 32 ragazze nella sua casa e ha mantenuto le lezioni quando i suoi “compagni d’armi” hanno preso il capo
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